Murmures.
Intervista a Sabine Pagliarulo, autrice del progetto espositivo in mostra al Museo delle Mura Aureliane di Roma dal 24 febbraio al 8 aprile 2018, promosso da Roma Capitale e in collaborazione con la galleria Honos Art di Roma.
Se è vero che i luoghi assomigliano alle persone che li abitano, entrare nell’atelier di Sabine Pagliarulo è come entrare nel cuore della sua passione e creatività. In questa soffitta di Roma, inondata di luce, forme naturali e sculture in argilla sono disposte e sovrapposte in un caos creativo che sembra aprire orizzonti lontani. Tutto si mescola, nord, oriente, continente africano, esprimendo uno stile ricercato e raffinato. Dovunque posi lo sguardo, evidente è il suo interesse per la materia e l’attenzione per il dettaglio. E’ in questo “rifugio” che iniziamo la nostra intervista:
Come è nata l’idea della mostra Murmures?
Prima dell’estate ( ndr 2017), lavorando ai miei pezzi PULSE. Sono forme emozionanti: intervengo spingendo dall’esterno un uovo di argilla che, a un certo punto, si apre rivelando all’interno tutto il travaglio di questa forza. Ero già su TOUS LES MOTS POUR LE DIRE, in continua progressione, ma con questi pezzi ho acquisito una maggiore consapevolezza di quanto per me sia diventato importante comunicare. Siamo sopraffatti dagli stimoli dell’ambiente esterno e non riusciamo più a rapportarci in modo sincero con gli altri e spesso anche con noi stessi. La scultura, l’arte, è divenuta, non casualmente, il mio linguaggio, un modo per farmi sentire; non fine a sé stesso, ma per dare voce a ciò che sento e in cui credo. Il progetto espositivo nasce proprio dalla riflessione sul perché fare arte oggi e soprattutto cosa comunicare.
Come hai scelto gli artisti che partecipano con te alla mostra?
Da sempre mi interesso di arti figurative e con il mio lavoro ho conosciuto nel tempo giovani artisti emergenti, con una grande affinità d’ispirazione ma soprattutto che hanno il mio stesso modo di avvicinarsi all’arte; un’urgenza creativa con cui manifestare un’intuizione, ognuno con le sue modalità. Con alcune di loro ho già lavorato e si è instaurata una stima reciproca, umana e professionale. Seguendo il loro lavoro, mi sono stupita di ritrovare proprio nello stesso momento la stessa ricerca. Da tempo sono convinta che unire linguaggi artistici diversi non solo dia maggiore forza al messaggio ma ognuno “sdogana” l’altro, ampliando il pubblico. In mostra quindi non c’è solo ceramica contemporanea, con Tonina Cecchetti, Silvia Granata e Mirna Manni, ma anche la fotografia di Simona Poncia e la fiber art di Silvia Beccaria.
Ci vorresti spiegare il titolo Murmures?
Ogni artista in mostra ha trovato la propria modalità espressiva dopo una profonda ricerca interiore, fatta anche di silenzi e di consapevolezza di sé, trovando nell’arte dapprima rifugio e poi scegliendo di rivelare la propria intimità. Le opere scelte sussurrano, non desiderano comunicare entrando in conflitto con lo spettatore, sono un’insieme di voci in un dialogo di cui si coglie l’eco, la cui bellezza, ma anche la loro fragilità, ci incanta. Insieme, e collocate in una location fortemente connotata, acquistano forza, arricchendosi l’una dell’altra. La mostra quindi non è una semplice successione delle opere degli artisti ma le installazioni sono state progettate per creare dialogo tra le opere e comunicare con un linguaggio multicodice e ipertestuale
Perché hai scelto il Museo delle Mura Aureliane per esporre il tuo progetto?
Con l’arte si esprime qualcosa di “altro” rispetto all’artista, una dimensione spirituale senza la quale l’arte si impoverisce. Non è solo la sensibilità dell’artista o il suo modo di vedere le cose, è una totalità che apre le porte della percezione di tutti: è sentire; l’arte ci com-muove portandoci oltre, oltre i muri, oltre le barriere.
Entrando al Museo delle Mura mi è sembrato lo scenario più suggestivo per un progetto che si interroga sulle modalità di una comunicazione libera e universale. La mostra è una combinazione di lessico, forme e immagini in un crescendo “vorticoso”; traduzione di un pensiero che uscendo da percorsi lineari, sprofonda lo spettatore in una dimensione senza tempo dove ragione ed emozione sono senza differenza, un flusso di sensazioni consce e inconsce, una mescolanza di concretezza e astrazione, una reinvenzione del linguaggio attraverso la memoria.
Testo di: Evandro Gabrieli
Foto: courtesy degli Artisti.
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