Al cospetto della grande festa stilistica del Ghirlandaio mi sento una bambina che istintualmente sorride in piedi sulla sedia indicando i monti alle spalle di Maria. Propongo la mia rispettosa e poetica sintesi, la mia schietta e affascinante inquadratura del bello, la mia natura a prescindere … mi viene in mente che idoli e crinali, allo stesso modo s’imbevono d’alba al tramonto il Ghirlandaio sorride, credo.
La mostra di Angela Palmarelli, organizzata dall’associazione Minerva Arte al Museo di Palazzo Eroli di Narni, ci permette di tornate sui risultati recenti di una ricerca con radici ormai pluriennali, una ricerca che, come vedremo, raggiunge esiti di sempre maggiore rarefazione formale senza perdere tuttavia di vista il riferimento iniziale.
Quasi una mappa per interpretare le opere esposte, titolo e sottotitolo della mostra ci forniscono le tappe che, dal sensibile all’ultrasensibile, sono toccate dalla sua produzione. Litòstrata, quindi, per partire: il termine del lessico archeologico rimanda a ad una tipologia di mosaici ed è strettamente collegato all’etimologia del termine, quella di strati di pietra che coprono pavimenti o pareti. Il titolo scelto è un richiamo allo splendido mosaico conservato all’interno del museo, tappa di un percorso che vede l’artista intrattenere uno stretto dialogo tra le sue opere, così marcatamente contemporanee, e le raccolte d’arte.
Strati di pietra ricorrono pure come referenti materiali a cui l’artista si rivolge nelle sue realizzazioni, a quel susseguirsi di strati geologici dei rilievi circostanti Narni e visibili dalle finestre stesse del museo. Ma l’intento mimetico non è certo l’aspetto predominante in questa ricerca che ricalca soprattutto l’aspetto grafico e l’idea del continuo susseguirsi di eventi più che la matrice geologica di formazione. Non è un caso che lo stratificarsi di cui si parla nel sottotitolo della mostra non sia tanto di elementi fisici o geologici in particolare, quanto piuttosto di storie, di vissuti, di eventi. E tra questi l’idea del tempo, un tempo geologico che ridimensiona l’Uomo e lo riporta alla sua limitatezza, alla sua transitorietà.
In un testo predisposto per la Biennale d’Arte Ceramica Contemporanea di Frascati del 2018, Eva Clausen rintraccia con perizia inarrivabile il nucleo tematico della ricerca di Angela Palmarelli e – quasi un omaggio a questa acuta lettura – ne riportiamo un brano significativo: “Ed ecco un’artista che si impadronisce delle peculiarità della ceramica per ribaltarle, o meglio, per piegarle a una sua necessità, del tutto inusuale: riportare la Natura nel suo vero stato naturale che è l’astrazione.
Qui sta il Mistero del Creato. Astratto, non spiegabile, non decifrabile, non deducibile, persino ostile e pure al tempo stesso accattivante, seducente, ricco di segni e simboli percepibili persino intelligibili. E proprio qui, in questo punto focale che si colloca l’arte di Angela Palmarelli. Un’ arte materica, tangibile, concreta e al tempo stesso celeste, sfuggente, misteriosa. Un’ arte che si manifesta e dove la mano dell’artista scompare misteriosamente proprio perché ricorre a una tecnica incredibilmente sofisticata, elaborata. […]. La dimensione temprale viene annullata o meglio racchiusa in un unico punto finale. Ciò che resta è solo il Creato – avvolto appunto nel mistero. […] I segni nelle superfici argillose più che lettere o simboli sono indicazioni che suggeriscono la via che porta dalla materia all’Immateriale, dal visibile all’Invisibile. Nella percezione dell’Invisibile si nasconde la vera natura astratta delle terrecotte di Angela Palmarelli. Le sue opere emanano un’ immediatezza che trascende la spiegazione, la esula”.
Dato per acquisito questo aspetto non irrilevante, per non dire centrale, della ricerca dell’artista, cogliamo meglio lo stretto rapporto tra le sue opere e quelle a tema religioso alle quali sono inframezzate nel suggestivo allestimento del Museo di Palazzo Eroli. Figurativo ed astratto, materiale e immateriale, tangibile ed intangibile sono concetti espressi da opere sempre più rarefatte in cui l’argilla è privata pure degli smalti a cui ci ha ormai abituati una tradizione secolare. Sono ossidi naturali e le diverse temperature di cottura a determinare le cromie dei diversi pezzi su cui l’artista lascia il suo segno ritmico, ossessivo, magnetico.
Il momento centrale della mostra e quindi è rappresentato dal dialogo instaurato tra le opere nella sala del Ghirlandaio: i giochi di luce originariamente previsti dal pittore rinascimentale, le albe i tramonti, i riflessi della luce naturale sulla parte sommitale della sua pala d’altare sono richiamati, per opposizione, dai profili spezzati di Orizzonti verticali. Come è stato detto, “le vulnerabili e taglienti lame di creta, di terra, si vestono d’ombre; la superficie specchiata si increspa al moto tettonico che sprigiona, dalle tenebre degli abissi, l’inesorabile Segno, grafema del moto universale. L’equilibrio è in frantumi improvvisamente, ma sfoggia una poetica disarmante”.
I paesaggi naturali riportati nella predella anticipano, di oltre cinque secoli, gli scarni profili rocciosi – ampi paesaggi o minute stratigrafie? – su cui si sofferma l’artista contemporanea. Mezzi diversissimi per cercare di catturare quanto di più labile possa esistere: il senso del sacro. Se diversa è la modalità scelta, il codice iconografico preferito, comune è il mezzo utilizzato, quel linguaggio artistico che, forse, è l’unico in grado di per metterci tutto ciò.
Testo a cura di Domenico Iaracà
Foto di Alberto Bravini
Contemporary Italian Ceramic – CiC è il primo blog di ceramica diffuso, con uno sguardo alle tradizioni ma sopratutto alle nuove correnti artistiche del panorama Italiano e non. www.contemporaryitalianceramic.com