Sottili convergenze o salde affinità? La mostra di Annalia Amedeo e Paola Grizi a Roma
Nel dare notizia dell’apertura di un nuovo spazio dedicato alla ricerca contemporanea in ceramica plaudevamo alla possibilità che il panorama dell’arte contemporanea romana si arricchisse di un nuovo punto di osservazione. Ad un mese ormai dall’evento inaugurale siamo qui a trarre un bilancio della mostra presentata da Alphagamma|Arte Studio. Coerentemente con gli intenti dello spazio, la mostra appena conclusa ha presentato la ricerca di Annalia Amedeo con quella di un artista per molti versi a lei affine, Paola Grizi.
Non devono fuorviarci i materiali usati, in parte differenti, o il diverso grado di mimesi di una o dell’altra opera. Le sottili convergenze anticipate dal titolo della mostra si sono rivelate in realtà una salda comunione di intenti, come vedremo.
Partiamo quindi con l’evidenziare le diverse sfaccettature delle opere di Annalia Amedeo. Summa di un decennio circa della sua produzione, erano esposte in mostra opere che possono essere riunite in alcune serie, a partire dalle sue foglie. Adagiate su cortecce di sughero o sovrapposte le une alle altre fino a formare le pareti di una scultura, gli elementi naturali sono soltanto lo spunto per realizzazioni dal carattere astratto o, meglio, simbolico. Le foglie non sono gli unici spunti naturalistici per la sua riflessione, essendo affiancate da valve di conchiglia, nella serie Madreforma, dai nidi della serie Memoria fossile e da fiori congelati in pose fissate una volta per tutte. Una vasta gamma di elementi naturali, dicevamo, accumulati quindi dalla possibilità di deperire. Ma non è tanto sulla transitorietà della forma naturale quanto sulla sua possibilità di lasciare traccia che si focalizza l’attenzione dell’artista. Non a caso parole ricorrenti all’interno del nomi delle serie sono quelle di “memoria” o di “fossile”, cristallizzazioni di vite lontane. O, per dirla con le parole stesse dell’artista. “Le stratificazioni presenti in queste ultime serie di lavori esposti […] sono la messa in evidenza di momenti temporali e rivelano tracce di vita che continuano ad esistere nella memoria di un passato che ci accomuna. Universi immaginari che attraverso il lavoro artistico lasciano tracce sensibili da scoprire e interpretare”. Il mondo tangibile ricostruito dalla perizia tecnica di Annalia Amedeo è quindi uno spunto al fruitore dell’opera che viene invitato a partecipare attivamente alla ricostruzione di un quadro più ampio e complesso.
Un processo simile avviene con i suoi visi, i cui tratti sono un palinsesto da leggere nelle diverse riscritture sovrapposte. I lineamenti che rimandano alla statuaria classica sono obliterati dagli elementi naturalistici già incontrati. Ma non solo: gli occhi, a volte assenti, parlando di incomunicabilità mentre le lacerazioni e le intrusioni sono metafora di ferite profonde. La metamorfosi a cui accenna l’artista nel descrivere la sua ricerca viene in questo modo fissata nel momento del suo verificarsi, così da darci modo di scendere al disotto della superficie in un percorso di cui l’inconscio è il centro propulsore.
Elemento formale di contatto con la ricerca di Paola Grizi sono proprio i visi, protagonisti prevalenti delle sue realizzazioni. Ma anche qui una stratificazione va riconosciuta e individuata, un sovrapporsi di informazioni al di là del punto di partenza. Se le superfetazioni viste in Annalia Amedeo erano foglie, qui sono fogli di carta quelli che l’artista ci invita a ripercorrere a ritroso fino ad arrivare all’inizio della storia. Fogli incisi da fitti caratteri, da flussi di parole che si susseguono, sia pure difficilmente decifrabili. E, dietro a queste storie, volti di uomini e donne che di queste vicende sono probabilmente i protagonisti. Un tracciato da percorrere, quindi, un invito all’osservatore a vivere o intuire esperienze diverse, raccontate in pagine che scorrono al di là del tempo. Ad ovviare alla fatica del percorso, i volti stessi emergono verso lo spettatore e la letteratura e la scrittura, grandi passioni dell’artista, prendono vita in un percorso legato più all’intuizione che alla razionalità: “I libri rappresentano una sorta di presa d’atto, uno scatto in avanti della coscienza e dell’intuizione personale. I volti che emergono dallo sfogliare delle pagine hanno spesso un’espressione di stupore, come se venissero incontro a una nuova realtà o come se elaborassero un vissuto da un punto di vista completamente nuovo”.
Le pagine sono schermi leggeri, mossi, sia nelle opere in ceramica che nelle trasposizioni in bronzo, materiale a cui l’artista è approdata negli ultimi anni. È una sfida ambiziosa quella di dar movimento al materiale inerte, argilla o metallo che sia, in una ricerca di dinamismo e leggerezza che muove la carta o il tessuto riprodotto, come nell’ultima sperimentazione dal nome “il nodo”.
Per quante possano essere chiaramente riconoscibili le differenze tra le due artiste, il comune percorso di ricerca sulla leggerezza, lo scavare in direzione di una dimensione non razionale, inconscia o intuitiva che sia, oltre ad una evidente padronanza del mezzo tecnico ed espressivo portano, in ultima analisi, ad individuare rapporti ben più consistenti di una leggera convergenza. Come anticipavamo all’inizio di questo testo, potremmo arrivare a parlare senza tema di smentita di una profonda comunione di intenti, di una salda affinità.
a cura di: Domenico Iaracà
Photo: Giuseppe Wilson Lucia
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